I cappelletti in brodo, feudo della tradizione emiliana, sono il baluardo di una cucina che non ha paura di guardare oltre la tradizione.
Il borgo di San Giovanni In Marignano è rinomato, anche dai food trotter che decidono di snobbare la solita ricerca gourmet per reintrodursi nella tradizione, cercando però sempre spunti nuovi che riabilitino alla modernità piatti classici e per questo eterni, magari all’interno di un menu che non sappia troppo d’antico. L’Osteria Spacciodivino è proprio per questo un ottimo esempio di come la tradizione romagnola incontri variazioni di gusto, rispettando gli usi di un tempo ma senza chiudere le porte al nuovo mondo. Ma soprattutto, con un servizio impeccabile e puntuale, oggigiorno più raro del pepe di Sichuan – ah no, anche questo è ormai diventato tremendamente mainstream.
La location
Un arco che separa i due ambienti, una saletta più intima al riparo dalla frenesia e l’ingresso dominato da un bancone che ricorda le atmosfere dei tapas bar, giusto per ribadire di nuovo come tradizione romagnola ed influenze pastello ciò che c’è al di là dei canonici confini si possono incontrare e stringersi la mano. L’accoglienza è calda, sarà anche complice l’arrivo del Natale che rabbonisce l’atmosfera.
Il menù
La Romagna si respira nell’aria, e la si apprende dal menù: una buona carta che abbonda di antipasti, scorre via per primi piatti dove la tradizione saluta, prima di sbiadire leggermente lungo i secondi piatti. Il vero sfizio, propiziato (subdolamente per noi amanti del gusto pieno della vita) dal menu giornaliero, è il crostino al tartufo bianco (18 euro). La fondutina di panna e burro, insieme a quelle scaglie divine che la nobilitano, è apoteosi pura, è il casereccio che sublima. Antipasto goloso per aprire le danze, perché il vero pezzo forte tra le entrée (chiariamo, tutte molto interessanti) è la crostatina di cipolle stufate, spuma di caprino, coulis di pomodoro e pepe rosa (8 euro). Non fatevi spaventare dalla cipolla e dal suo gusto irriverente, ne varrà la pena.
Chi non vuole aderire agli usi e costumi locali con il sempiterno cappelletto in brodo (9,5 euro), può ripiegare sullo sgarro romano (ma comunque rivisitato) degli spaghetti artigianali Rummo alla carbonara di Mora Romagnola oppure rientrare in corsia regionale con i passatelli asciutti con porcini e zucca (10 euro). Con i primi piatti rimaniamo sul classico, tra tagliatelle al ragù e ravioli di ricotta e spinaci, e il tartufo (nero) che torna a far capolino sui gnocchetti di patate viola (11 euro).
La tagliata di filetto di manzo è, tra i secondi, la scelta più logica per i carnivori veraci, e quelli local andranno dritti sull’abbinamento con sale grosso di Cervia e rosmarino. Certo, chi vuole respirare ancora l’aria di famiglia ha a disposizione il coniglio della nonna Venerina (al forno con trito di erbe aromatiche), dalla chiara firma di casa. Ma il vero colpo grosso è la tagliata di petto d’anatra con riduzione di Sangiovese (15 euro): qua siamo sulle stelle. Carne sublime, e la riduzione, consegnata a parte per adagiarla a piacimento sul piatto, completa un matrimonio che sa di sfarzo ma anche rustico. Lo sfarzo al sapore di tartufo, per completezza, lo ritroviamo anche sulla tartare di Bianca Romagnola e cialda di parmigiano – chi vuol correre sul filo del tartufo, ora sa quali sono tutte le fermate del gusto.
E i dolci? Belli, carichi, decisi, come vuole la Romagna (compresa la ciambella morbida che arriva di default prima di abbandonarsi ai dessert). Finire i due pezzi di torta tenerina con noci, panna montata, salsa al cioccolato dopo un pranzo sostanzioso è materia per gli incrollabili – in realtà si parla di un brownie con frutta secca, leggermente troppo cotto ma sempre delizioso. Con il semifreddo al cioccolato bianco, salsa mou e arachidi salate si atterra sulla tradizione, mentre la crostata integrale con crema e mele e gelato al fiordilatte profuma di montagna, complice la cannella che trasforma la Romagna nelle Dolomiti e ai suoi ricordi di strudel. Prezzi onestissimi, 5 euro a dessert, ben fatti.
Romagna nell’animo, ma capace ogni tanto di variare il proprio vestiaro senza paura, anche semplicemente scoprendo altre tradizioni.